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TRA FIGURAZIONE E ASTRATTISMO
12 Ottobre 2019 @ 00:00
Prerogativa dell’artista è l’evoluzione creativa, la sperimentazione, lo spingersi oltre per trovare la forma di comunicazione più efficace del proprio sentire. Le opere in mostra, di autori distanti per epoca e formazione, fotografano un momento specifico del loro cammino espressivo, quello dell’esplorazione di un linguaggio visuale di forme, colori e linee indipendente dalla rappresentazione oggettiva della realtà.
Particolarmente interessanti la produzione e il percorso artistico dei russi Sergey Vasilievich Chekhonin (1878-1936), Peter Efimovich Sokolov (1986-1967) e Tamara Ter-Ghevondyan (1908-2000), le cui vicende creative sono inevitabilmente legate a quelle politiche. Il primo, vulcanico e versatile, è grafico, ceramista, pittore, costumista, illustratore. Dopo aver studiato disegno e pittura a San Pietroburgo, dove è allievo anche di Repin, si appassiona alla ceramica e alla grafica. Illustratore dal grandissimo estro, ha fatto parte della generazione più giovane del movimento di orientamento cosmopolita Mir Iskusstva, che ha dato un contributo fondamentale anche all’evoluzione grafica dell’editoria sovietica. Questa sua apertura al rinnovamento artistico viene messa al servizio della neonata Repubblica Federativa, per la quale realizza, tra le altre cose, la bandiera utilizzata dal 1918 al 1937. Partecipa a numerose esposizioni in Europa, Stati Uniti e Giappone, ed è in occasione di una mostra a Parigi nel 1928 che Chekhonin decide di non rientrare più in patria, probabilmente a causa del mutato clima politico. In mostra un acquerello e china, Studio per figura, degli anni Venti.
Diversissima la vicenda, anche biograficamente ricca di contraddizioni, di Sokolov. Rappresentante dell’Avanguardia russa, studia con Mashkov, Kuznetsov, Malevich, del quale diverrà assistente, e a sua volta sarà insegnante di Vladimir Nemukhin. Professore del Vkhutemas, Sokolov è proiettato verso un percorso artistico che vede l’approdo all’astrazione come esito prevedibile. Così però non sarà, perché alla fine degli anni Trenta, dopo una profonda crisi spirituale e l’avversa situazione politico-intellettuale, Sokolov distrugge la maggior parte del suo lavoro costruttivista e ripiega su un figurativismo di maniera, di “sussistenza”, fatto di anonimi paesaggi. L’opera in mostra, Studio per composizione n° 14 del 1923, appartiene alla stessa serie conservata nel museo, dalla storia unica e affascinante, intitolato a Igor Savitsky in Uzbekistan.
Tra gli artisti più significativi di quella che è stata definita la Seconda Avanguardia russa, quella che si è sviluppata durante la breve e relativa liberalizzazione culturale dell’era Kruscev, vi è Tamara Ter-Ghevondyan. Le sue opere, prodotte e confinate nella clandestinità per decenni, attingono alla cultura europea, al simbolismo delle sue radici armene e naturalmente all’esperienza della prima avanguardia, verso la quale si pone come sviluppo di un cammino interrotto dall’imposizione staliniana del “ritorno all’ordine”. Riscoperta e sempre più ricercata in patria, della Ter-Ghevondyan sarà esposta la gouache con falce e martello Composizione, del 1928, precedente all’attività del dissenso, ma rappresentativa della sua sperimentazione formale e compositiva.
Boris Lacroix (1902-1984), architetto e designer d’interni francese di origine russa, famoso per il suo contributo all’Art Déco e per le creazioni, in particolare le lampade, degli anni Cinquanta è presente con un’opera del 1925.
Saranno inoltre esposti, di Léopold Survage (1879-1968), due acquerelli con delicati paesaggi figurativi degli anni Dieci e un originale disegno fronte e retro, da un lato una figura e dall’altro uno studio per composizione.
In mostra anche oli e acquerelli degli anni Cinquanta che raccontano l’evoluzione e la dinamica della sintassi grafica di Edgardo Corbelli (1918-1989). Una parentesi di libere combinazioni di linee, forme e colori per comunicare il sentire individuale, o di composizioni in cui prevale l’attrazione per i processi di astrazione geometrizzante, prima che la figura femminile diventi il soggetto dominante della sua pittura. Anche alcune opere di Giulio Da Milano (1895-1990) rivelano questo passaggio nell’indagine dei propri mezzi espressivi, forme più sfatte e colori protagonisti, per una messa a fuoco sempre più precisa della propria, autentica identità artistica.